di Francesca Alliata Bronner
Alta Campania felix. Tra vigneti autoctoni, mozzarelle squisite e dimore storiche pregiate. Come l’Eremo di San Vitaliano — antico luogo di spiritualità incastonato tra i boschi di Casola di Caserta Vecchia — che oggi ospita il primo convegno pubblico dedicato alla zonazione viticola dell’Alta Campania, quadrato di terra fertile (e felice) che va dalla parte settentrionale del Casertano fino ad Avellino e Benevento toccando il parco regionale del Matese che è una meraviglia di suo. Un luogo denso di storia e silenzio, scelto simbolicamente per la sua vocazione alla ricerca, all’ascolto e al radicamento sul territorio, dedicato a San Vitaliano, vescovo dell’antica Capua.
A partire dalle 18 (fino alle 21 e a seguire eno-degustazioni) un susseguirsi di incontri e dibattiti colti, gustosi e importanti invitano il pubblico a conoscere e scoprire una zona votata e vocata all’enologia ma anche al turismo lento fatto di arte, tradizioni, sapori e saperi che valgono il viaggio. Coincidendo con l’area storica della Campania Felix, celebrata da Plinio il Vecchio per la sua straordinaria fertilità e ricchezza agricola, questo territorio, infatti, che si estende lungo l’alto e il medio Volturno, i rilievi del Matese e, nello specifico, all’interno di due catene montuose che fanno parte dei sette anti-appennini campani (la catena dei monti Tifatini e la catena dei monti Trebulani), da diversi anni eccelle nella coltivazione e produzione di vini autoctoni straordinari: Pallagrello nero, Pallagrello bianco e Casavecchia, in particolare, tre vitigni dell’Alta Campania: “Già conosciuti ai tempi dei Romani tornano in auge con i Borbone”, racconta Andrea Granito, presidente dell’associazione La strada del vino Casavecchia di Pontelatone, fra i relatori di oggi all’Eremo di San Vitaliano. “Dopo un lungo periodo di oblio, sono stati riscoperti circa quaranta anni fa ad opera di alcuni produttori”. Da allora sono aumentati gli insediamenti e oggi si producono etichette premiate dalle migliori guide e richieste dal mercato internazionale, dal Caiatì al Trebulanum fino al Casavecchia di Alois in Pontelatone, della Tenuta Piccirillo in Castel Campagnano, di Sclavia a Liberi e della Cantine di Lisandro in zona Caiazzo, in tutto si contano 26 aziende che producono questi vini. Ma all’interno dell’area esistono altre quattro denominazioni di origine controllata: Doc Galluccio, prodotto su suoli di origine vulcanica, con prevalenza di Aglianico e Falanghina; Doc Falerno del Massico, l’erede moderno del leggendario vino degli imperatori romani, prodotto tra Falciano e Mondragone; Doc Asprinio di Aversa.
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