L’alta Campania del vino pensa alla zonazione, un confronto con Etna e Barolo

L alta Campania del vino pensa alla zonazione, un confronto con Etna e Barolo

di Fosca Tortorelli

Ragionare oggi di zonazione viticola significa innanzitutto restituire voce e identità a territori che, pur ricchi di storia e potenzialità, sono rimasti per troppo tempo ai margini del racconto nazionale del vino.

È con questa consapevolezza che venerdì 18 luglio, tra i boschi e il silenzio dell’Eremo di San Vitaliano a Casertavecchia, si è tenuto il primo incontro pubblico del progetto di zonazione dell’Alta Campania.

La giornata si è aperta con una sessione introduttiva dedicata alla lettura storica, tecnica e turistica dell’Alta Campania, un’area che nei secoli ha visto intrecciarsi civiltà, passaggi e colture. Un territorio plasmato dalla vite fin dall’antichità, in cui natura e cultura si sono fuse nel disegnare paesaggi e modi di vivere.

L’Alta Campania è una geografia di bellezza e fatica, ancora in parte da decifrare. Da questo mosaico nasce l’ambizione di un percorso condiviso e scientificamente fondato, per costruire una nuova identità viticola sostenibile e narrabile.

A impreziosire il dibattito, il confronto con due modelli emblematici: l’Etna e il Barolo, due territori dove la zonazione non è solo mappatura, ma narrazione viva, frutto di esperienza, scienza e comunità.

Dalla Langa sono arrivate le voci di Paolo Manzone e Giorgio Conterno, rispettivamente delle aziende Paolo Manzone a Serralunga e Azienda Paolo Conterno a Monforte D’Alba, testimoni di un’identità costruita passo dopo passo anche grazie alle menzioni geografiche aggiuntive, che hanno reso riconoscibili cru e microzone. Come ha raccontato Manzone:

“Anche se Barolo è una zona conosciutissima nel mondo, quando siamo partiti nel 1999 con la nostra produzione abbiamo scelto di indicare la zona specifica, la Menzione Geografica Aggiuntiva Meriame, arrivata poi solo nel 2010”.

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